Quali sono le realtà sanitarie in cui curarsi meglio

Dai tumori all’ictus, dall’aneurisma alle fratture, fino al parto. Dove curarsi spesso è un’incognita, si possono però conoscere quali sono le realtà che funzionano meglio, in Italia e in ogni Regione, e alle quali ci si può affidare con maggiore garanzia e serenità. A fornire strumenti e informazioni utili ai cittadini è l’edizione 2016 del Programma nazionale esiti — riporta il sito investireoggi — che anche quest’anno rileva “una grande variabilità nell’efficacia e nell’appropriatezza delle cure tra Regioni e tra aree geografiche ed ospedali della stessa Regione”. Nuovi indicatori, una sezione dedicata ai cittadini e dati maggiormente accessibili e di facile consultazione: ecco le novità del Programma nazionale esiti 2016. Vediamole nel dettaglio. Aumentano gli indicatori da 146 a 158 (60 di esito/processo, 69 volumi di attività e 29 indicatori di ospedalizzazione) con un incremento particolare nell’area ortopedica, pediatrica e angiologica e si rafforzano gli strumenti di audit per la verifica dei dati, ma la novità più grande di quest’anno è sicuramente la valutazione sintetica di tutte le strutture sanitarie italiane per aree cliniche. La Treemap è in grado di fornire all’utente un quadro sintetico di ogni singolo ospedale italiano, valutato in base agli indicatori maggiormente rappresentativi di 7 aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare. Un’altra rilevante novità di quest’anno dedicata ai cittadini è rappresentata da una sezione in cui l’utente, senza bisogno di registrarsi e direttamente dall’home page del nuovo sito Pne, può accedere a preziose informazioni su parti, infarti, colecistectomia, interventi per tumore al polmone, al colon e allo stomaco; in particolare il cittadino viene sensibilizzato sull’importanza dell’associazione tra volumi di attività ed esiti delle cure. I dati del Programma Nazionale Esiti 2016 mostrano “progressi incoraggianti nella qualità delle cure”, sintetizza l’Agenas. E’ il caso degli interventi tempestivi – entro due giorni – per la frattura del collo del femore ai soggetti fragili, ma anche dei parti cesarei primari, scesi dal 29% del 2010 al 25% del 2015. Negli ultimi 5 anni sono circa 45.000 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 12.000 nel 2015. Negli ultimi 5 anni, invece, sono circa 80.000 i pazienti che hanno beneficiato di un intervento tempestivo dopo una frattura del femore, di cui 28.000 nell’ultimo anno. Sono state più di 670.000 le giornate di degenza risparmiate, di cui 200.000 nel 2015. La proporzione di interventi entro i due giorni che nel 2010 si attestava al 31%, nel 2015 è passata al 55%, crescendo del 5% anche rispetto al 2014. Per questo indicatore il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera ha fissato, come valore di riferimento, lo standard minimo al 60%. A livello intra e interregionale si osserva una notevole variabilità, con valori per struttura ospedaliera che vanno da un minimo dell’1% ad un massimo del 97%. In ogni regione è presente almeno una struttura che rispetta lo standard, “fatta eccezione per Campania, Molise e Calabria”. In tema di nascite, il medesimo regolamento del ministero della Salute fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternità con più di 1000 parti annui e 15% per le maternità con meno di 1000 parti annui. Negli ultimi 5 anni sono circa 45.000 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 12.000 nel 2015. Rimangono ancora significative le differenze tra le regioni del nord Italia e le regioni del sud, con valori medi rispettivamente inferiori e superiori al 20% e che, nel caso della Campania sono stabili al 50%. Fa eccezione la Liguria, con risultati analoghi a quelli delle regioni del Sud. Per quanto riguarda, poi, la mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio, i risultati del 2015 evidenziano una diminuzione che continua, dal 10,4% del 2010 al 9,0% del 2015. Risulta bassa la variabilità interregionale e discreta quella intra regionale, con valori che variano da un minimo dell’1,3% ad un massimo del 25%.

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